IL TEATRO MENOTTI DI MILANO É SALVO!

Il Teatro Menotti è stato salvato e sarà garantita la continuità artistica e gestionale per i prossimi 16 anni alla Cooperativa TieffeTeatro Milano Impresa Sociale, che dal 2010 opera nella sala di via Menotti, 11. L’importante risultato è stato raggiunto grazie all’intervento del Trust benefico Filippo Perego di Cremnago che ha acquistato il teatro dalla società InvestiRe SGR con rogito stipulato il 16 Dicembre 2019. 

L’accordo tra la nuova proprietà e la compagnia prevede inoltre la ristrutturazione del foyer superiore e il cambio della denominazione, che diventa MENOTTI TEATRO FILIPPO PEREGO.

TieffeTeatro Milano, mettendosi alle spalle quasi due anni di disagio e incertezza, ringrazia l’assessorato alla cultura del Comune di Milano e della Regione Lombardia per l’impegno e il sostegno costante e fattivo, la Fondazione Cariplo per la partecipazione convinta, gli organi di informazione e i tanti cittadini, che con la loro vicinanza ci hanno dato forza e speranza.

STORIA DI UN TEATRO CHE NON VOLEVA CHIUDERE

C’era una volta…un Re? Direte voi…no, c’era una volta un teatro. Uno di quei teatri né piccoli, né grandi, né al centro e nemmeno in periferia. Sicuramente non ricco. Molte persone lavoravano in quel teatro, lavoravano sodo dalla mattina alla sera e costruivano storie, quelle belle e quelle meno belle, quella della vita di tutti i giorni, quelle catturate dalla memoria. Impegnati nel cercare sempre nuove storie da raccontare, si accorgevano poco di quello che succedeva fuori dal loro teatro, anche se il rumore delle ruspe e il profilo delle gru cominciava a gettare ombre inquietanti sul loro futuro. Futuro che si faceva ogni giorno più corto.  Sì, qualcuno aveva deciso e lo aveva già scritto e ora non bastava più rifiutarsi di leggere. La storia sembra vada avanti malgrado noi e così sembrava in quei giorni anche per quel teatro né piccolo, né grande, che stava per arrendersi ad un destino diverso. Non più storie da raccontare, quindi, e un sipario da lasciare chiuso sul niente. Un teatro sicuramente chiuso e forse un garage aperto. Così è andata e la città del teatro stava perdendo un suo pezzo tra il silenzio assordante di chi non sceglieva e le voci sorde di chi ancora ci credeva. Ma talvolta questo mondo caotico, beffardo, turbolento si mette a testa in giù e si ferma un momento, solo per un momento. Lo fa per regalare sogni a qualcuno. E a sognare all’incontrario su quel teatro né piccolo, né grande, né in centro, né in periferia si sono messi in tanti e hanno travolto tutte quelle persone che in fondo volevano solo continuare a raccontare storie. Ma la battaglia, quella vera, era tutta da cominciare, ma non per sé stessi e le loro storie, che certamente da qualche altra parte avrebbero continuato a raccontare, ma per difendere quello spazio, fisico, mentale, collettivo. E allora i sussurri sono diventate voci, e poi suoni e poi urla e il battito delle mani si è unito a quello dei piedi ed è arrivato chissà dove, è arrivato a scuotere i palazzi e le coscienze e poi fino al cuore di chi ci ha voluto davvero credere e lasciare un segno per sempre. E allora la storia questa volta non è andata avanti come doveva andare, ha preso un’altra direzione, e forse nella città dei teatri non poteva essere altrimenti. 

Tante cose questa storia ci ha fatto capire, una su tutte che un teatro non è solo fatto da tutte quelle persone che ci lavorano, ma è un bene di tutti e a ben guardare ha una sua vita propria, capace di restare vivo in questa sua eterna sospensione nel tempo, un teatro, qualsiasi teatro, è protetto da muri che trasudano emozioni e memoria e si fanno trasparenti sul tempo presente, è un luogo benedetto da una sacralità blasfema che trasforma il sogno in vita tra il buio e la luce di un palcoscenico. Poteva mai tutto questo diventare un garage?

E allora la storia di un teatro che non voleva chiudere come è andata a finire? Semplicemente non è ancora finita. Non c’era una volta un teatro, c’è e ci sarà ancora. Uno di quei teatri né piccoli, né grandi, né in centro e nemmeno in periferia. Sicuramente non ricco, ma ricchissimo perché ha un’altra bella storia da raccontare.

Emilio Russo

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